Quanto pago se non fatturo nulla in regime forfettario?

Ecco quali spese dovrai affrontare con una Partita IVA aperta ma non utilizzata

Alla base dell’avvio di un’attività imprenditoriale di qualsiasi tipo c’è la volontà di fatturare e generare un profitto; su questo non ci sono dubbi. Tuttavia, può capitare che, per i motivi più disparati, un libero professionista o un titolare di ditta individuale attraversi un periodo particolare e chiuda l’anno fiscale con un fatturato molto basso. In alcuni casi esiste addirittura la possibilità che una Partita IVA a regime forfettario non incassi nulla.

In questo articolo risponderò a una delle domande più frequenti che mi vengono poste, ovvero a quali spese occorra far fronte nel caso in cui un’attività non generi fatturato.

Reddito zero? Queste, le tasse da pagare nel regime forfettario

Sono sicuro che, se stai pensando di aprire una Partita IVA, una simile eventualità sia ben lontana dai tuoi pensieri. Ma dato che la vita (specialmente quella di un imprenditore) è come il Monopoli, immagino che tu voglia sapere in anticipo cosa potrebbe accadere se dovessi pescare male dalla casella degli imprevisti e vedere il numero zero sotto la voce ‘entrate’.

Ci tengo a tranquillizzarti subito in merito all’aspetto che – per natura – preoccupa maggiormente i possessori di Partita IVA, ovvero le tasse. Nel caso non lo sapessi, aprendo una Partita IVA forfettaria si accede a un regime fiscale di vantaggio in cui la tassazione prevede un’aliquota sostitutiva unica del 5% per i primi cinque anni e del 15% dal sesto anno in avanti.

Poiché questa flat tax si calcola sul fatturato lordo annuale, è ovvio che in assenza di incassi non dovrai pagare alcuna tassa. Ti senti più tranquillo/a? Ho pochi dubbi a riguardo.

Tuttavia, sebbene un reddito nullo corrisponda a zero tasse indipendentemente dalla professione svolta, non si può dire lo stesso per i contributi previdenziali. Ora ti spiego cosa cambia.

Leggi anche: Informatore Scientifico: come aprire la Partita IVA e quale aprire

Come funziona il versamento dei contributi se non guadagni nulla

A seconda del tipo di attività, il versamento dei contributi pensionistici può variare sia nelle modalità sia nella quantità di quote obbligatorie. Pertanto, il fatto che tu debba affrontare o meno questo costo nel caso in cui non dovessi fatturare nulla dipende dalla cassa previdenziale alla quale sei iscritto/a.

Se, ad esempio, svolgi una professione che non ha una cassa di riferimento (copywriter, grafico, social media manager, e via dicendo), la legge ti obbliga a iscriverti alla gestione separata INPS. Questa non include quote fisse, ma prevede un contributo pari al 26,23% del fatturato lordo. In questo caso, dunque, vale lo stesso principio delle imposte e – in assenza di fatturato – non dovrai effettuare alcun versamento.

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Ipotizziamo, però, che la tua professione abbia a che fare con il commercio o con l’artigianato; in tal caso, dovrai iscriverti alla gestione artigiani e commercianti INPS che, a differenza della gestione separata, ha due quote: una fissa, slegata dal reddito, e una sul reddito eccedente al minimale di 16.243 €.

Ora, nel caso in cui tu non dovessi fatturare, quest’ultima non ti riguarderebbe. Ma le quote fisse sono dovute anche se non realizzi guadagni e, nel 2022, sono pari a 3.983,73 € per i commercianti e a 3.905,76 € per gli artigiani. Tieni presente che i forfettari possono sfruttare un significativo vantaggio in una situazione simile, ovvero chiedere all’INPS una riduzione del 35%.

Per quanto riguarda i possessori di Partita IVA forfettaria che svolgono una libera professione con cassa di riferimento (ad esempio ingegneri, avvocati e architetti), questi dovranno attenersi alle regole stabilite da quella a cui sono iscritti. Generalmente, le casse previdenziali autonome (in Italia ne esistono più di venti) prevedono un contributo soggettivo obbligatorio anche in assenza di fatturato. Dunque, anche in questo caso, in assenza di incassi dovrai eseguire comunque i versamenti per il tuo fondo pensionistico.

Leggi anche: Come effettuare la richiesta di riduzione dei contributi INPS per i forfettari

Quanto costa un commercialista per il regime forfettario se hai un reddito zero

Le spese per la gestione di una Partita IVA non si limitano al pagamento delle tasse e al versamento dei contributi. A seconda del tuo settore di riferimento, ad esempio, dovrai versare la quota annuale per l’iscrizione alla Camera di Commercio. Inoltre, potresti avere altri costi fissi, come un affitto da pagare.

Una cosa è certa: il possesso di una Partita IVA implica la presenza di un commercialista, figura professionale che si occupa della gestione fiscale e contabile della tua attività.

Ma se non incasso nulla e non guadagno nulla, perché dovrei pagare il commercialista?”

Beh, tanto per cominciare un’attività autonoma è tenuta a ottemperare agli oneri burocratici e fiscali. Inoltre, anche in assenza di fatturato, dovrai presentare la dichiarazione dei redditi. Il costo annuale della consulenza contabile può dipendere da diversi fattori ma, se gli incassi di un’attività sono nulli, risparmiare diventa ancora più importante.

Io svolgo la mia professione di consulente con modalità differenti rispetto ai commercialisti tradizionali; non solo sono specializzato nel regime forfettario e mi dedico esclusivamente ai professionisti e alle ditte che scelgono questo regime fiscale, ma offro un servizio di assistenza contabile e fiscale online ad abbonamento, con tariffe trimestrali, semestrali e annuali molto convenienti.

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A presto
Giampiero Teresi

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