Partita IVA Architetto: ecco perché conviene il Regime Forfettario

Scopri i vantaggi di questo regime fiscale se vuoi svolgere la professione di architetto

Hai appena terminato gli studi per diventare architetto e non vedi l’ora di iniziare a svolgere la tua professione in proprio?

O magari hai un paio d’anni di esperienza alle spalle ma lavorare come dipendente non ti soddisfa più e sei alla ricerca di nuovi stimoli?

Sono tanti gli architetti che optano per l’apertura della Partita IVA, attratti dalla possibilità di gestire meglio il lavoro, il tempo libero e di avere ricavi maggiori.

Ma molti di questi, una volta superato l’esame di Stato e iscrittisi all’Ordine degli Architetti, non sanno come muoversi per lavorare in autonomia e sono afflitti da una serie di dubbi.

In questo articolo scoprirai come aprire la Partita IVA e per quali ragioni dovresti considerare il regime forfettario.

Sei un architetto e vuoi lavorare in proprio? Ecco come aprire la Partita IVA

È probabile che, non avendo competenze in materia di fisco, ti sia ritrovato a cercare informazioni su come aprire una Partita IVA online, pensando si trattasse di un’operazione complessa e costosa.

In realtà (e questo ti farà piacere), l’apertura della Partita IVA è una procedura semplicissima e non prevede alcun costo.

Tuttavia, prima di prendere una decisione così importante, è auspicabile rivolgersi a un buon commercialista online o di fiducia per evitare di commettere errori in fase di presentazione della domanda e non solo.

Per ottenere il numero di Partita IVA è necessario presentare domanda all’Agenzia delle Entrate tramite un modulo scaricabile da Internet: il Modello AA9/12.

Durante la fase di compilazione di questo modulo, dovrai indicare i tuoi dati anagrafici e fiscali e la sede della tua attività.

Oltre a questi dati, però, dovrai anche indicare delle informazioni più specifiche circa la tua attività, ovvero il codice ATECO e il regime fiscale.

Il primo è un codice numerico tramite il quale vengono identificate tutte le attività professionali, e quello necessario per svolgere la professione di architetto è 71.11.00.

Per quanto riguarda il regime fiscale, devi sapere che in Italia è possibile scegliere tra:

  • regime ordinario;
  • regime semplificato;
  • regime forfettario.

Questa è una scelta molto importante. Anzi, è la più importante, in quanto da essa dipenderanno diversi aspetti relativi alla gestione contabile e agli adempimenti fiscali della tua futura attività.

Ora ti spiegherò per quale motivo dovresti prendere in considerazione il regime forfettario.

Leggi anche: Partita IVA avvocato: come aprirla nel regime forfettario

I vantaggi del regime forfettario per un architetto

Se stai pensando di svolgere la tua attività di architetto in totale autonomia e desideri aprire il tuo studio, la Partita IVA a regime forfettario è la scelta più conveniente in assoluto.

Questo regime fiscale agevolato, infatti consente di sfruttare diverse semplificazioni contabili e gestionali, ma soprattutto consente di pagare meno tasse!

Tra i vantaggi più importanti a cui accederesti optando per questo regime fiscale, c’è sicuramente l’esenzione dall’IVA e dalla ritenuta d’acconto.

Questa agevolazione ti permetterebbe non solo di incassare sempre il 100% dei tuoi compensi, ma anche di avere un tariffario più appetibile per i tuoi potenziali clienti.

In assenza di IVA, infatti, i tuoi prezzi risulterebbero più convenienti rispetto a quelli dei tuoi concorrenti che operano nel regime ordinario o semplificato.

Ma questi non sono gli unici aspetti vantaggiosi della Partita IVA forfettaria.

Eccone alcuni particolarmente importanti:

  • esonero dal pagamento dell’IRAP;
  • esonero dal versamento delle addizionali comunali e regionali;
  • esonero dalla fatturazione elettronica;
  • esenzione dallo spesometro;
  • esenzione dal modello ISEE e dagli studi di settore;
  • esonero dalle dichiarazioni e liquidazioni periodiche dell’IVA.

Insomma, molte seccature in meno e, soprattutto, molte spese in meno!

Naturalmente, per poter adoperare questo regime fiscale e sfruttare i suoi vantaggi, è necessario rispettare alcuni requisiti, tra i quali il principale è quello del limite di fatturato annuo di 65.000 €.

Superando questo limite, infatti, non è possibile accedere al regime forfettario.

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Il calcolo delle tasse per un architetto nel regime forfettario

Ma veniamo all’aspetto clou, quello che certamente più t’interessa: la tassazione.

Nel regime forfettario, alle nuove attività viene applicata un’aliquota sostitutiva unica del 5% per i primi 5 anni. A partire dal sesto anno, invece, la flat tax sale al 15%, ovvero alla stessa percentuale a cui sono soggette le Partite Iva già attive che passano dal regime ordinario o semplificato a quello forfettario.

Ti starai chiedendo in che modo vengono calcolati gli importi da versare al fisco.

A differenza degli altri regimi fiscali, nel regime forfettario non è necessario dimostrare le spese sostenute durante l’anno, in quanto queste vengono ipotizzate dallo Stato in maniera forfettaria.

In che modo?

Attraverso il coefficiente di redditività, un valore che stabilisce per ogni tipo di attività la percentuale tassabile sul fatturato totale.

Prendiamo il caso della tua categoria.

Per gli architetti, lo Stato ha stabilito un coefficiente di redditività del 78%. Questo significa che il 22% del fatturato totale annuo viene automaticamente scalato dall’imponibile in quanto considerato come “costi forfettari“.

Facciamo un esempio pratico.

Ipotizziamo che durante il primo anno di attività tu realizzi un fatturato totale di 20.000 €. Poiché lo Stato ipotizza che il 22% del tuo fatturato corrisponda alle spese gestionali che hai dovuto sostenere, questa percentuale non verrà tenuta in considerazione per il calcolo delle imposte.

La flat tax, quindi, verrà calcolata sul 78% del tuo fatturato, ovvero su 15.600 € (anche nel caso in cui le tue spese reali siano state superiori o inferiori alla parte scalata in maniera forfettaria).

I contributi previdenziali per un architetto

Per quanto riguarda i contributi pensionistici, gli architetti hanno una cassa previdenziale di riferimento: l’Inarcassa.

Con questa cassa previdenziale andrai a pagare diversi tipi di contributi.

Il contributo soggettivo è obbligatorio e corrisponde al 14,5% del reddito professionale annuo. A prescindere dal reddito, comunque, sarai tenuto a versare un contributo minimo che può variare ogni anno.

C’è poi la possibilità di versare un contributo facoltativo, quindi non obbligatorio, in una misura che va dal 1% all’8,5% del reddito.

Leggi anche: Colf con Partita IVA: qual è la soluzione più conveniente

Un altro contributo obbligatorio per la tu categoria è quello integrativo, che prevede il versamento del 4% del volume di affari dichiarato ai fini IVA; come per quello soggettivo, anche in questo caso è previsto un contributo minimo.

Infine, tutti gli iscritti all’Inarcassa sono tenuti a versare un contributo di maternità (o di paternità) pari a 60 € all’anno.

Sappi, però, che sono previste delle agevolazioni per le nuove Partite IVA anche da parte dell’INARCASSA; a tal proposito, puoi sempre consultare la sezione dedicata sul sito della cassa previdenziale.

In conclusione

Ora che sai qualcosa in più circa le mosse da fare per aprire una Partita IVA come architetto e che conosci i principali benefici di una scelta come quella del regime forfettario, potresti avere bisogno di maggiori dettagli o chiarimenti.

Per tua fortuna, da diversi anni mi sono specializzato nel regime forfettario e ho elaborato un servizio di consulenza fiscale online specifica per questo regime fiscale.

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Ti ricordo che per qualsiasi tipo di considerazione, hai la possibilità di commentare questo articolo.

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A presto
Giampiero Teresi

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6 risposte

  1. Buongiorno e complimenti per l’articolo.
    Mi chiedevo se nel calcolo del reddito netto a cui applicare il 5% (o il 15% nel caso di attivita’ che non rientri nell’aliquota piu’ bassa) non occorra anche sottrarre la parte di contributo pensionistico di inarcassa, ovvero i contributi obbligatorio e quello di maternita’ (ce n’e’ un terzo, quello volontario, anch’esso deducibile).
    E solo allora applicare appunto la percentuale (5% o 15%) di tasse.
    Grazie per l’eventuale precisazione.

    1. Buongiorno! Si, potrà detrarre i Contributi Previdenziali ma solo quelli pagati nell’ anno
      Il più delle volte il pagamento dei Contributi avviene l’ anno successivo, in questi casi durante il primo anno non sarà possibile scaricarli dal reddito lordo

      A presto

      Giampiero

  2. Quindi il contributo minimo è la base contributiva a cui si deve aggiungere la percentuale del 14.5% ( o quella agevolata sotto i 35 anni o 5 anno di attività)…? Leggendo sul sito Inarcassa avevo capito che la tassazione fosse al 14.5% , ma a prescindere dal volume di affari era richiesto il contributo minimo (soggettivo e integrativo). In pratica, se il 14.5% del reddito non superava il contributo minimo, questo andava corrisposto a prescindere . Invece da quello che leggo il contributo minimo è la base a cui va aggiunta la percentuale sul reddito. Giusto? Grazie per l’eventuale delucidazione.

    1. Ciao Andrea, il Contributo Minimo è la base che ti coprirà fino ad una soglia minima di reddito. Superata la soglia minima, sulla parte eccedente, andrà calcolata la percentuale del 14,5%
      A presto

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